Val Sedornia
Val Sedornia, piccola valle dimenticata. Una diramazione della Valle Seriana, dopo l’abitato di Gromo. Coca, Redorta, Scais e Porola, i giganti delle Orobie, la guardano, alteri.
Lascio l’auto a Tezzi Alti, un pugno di seconde case sopra l’abitato di Gandellino e m’incammino nel bosco. Lo chiamano il “Sentiero dei Sapori”. Abeti altissimi e il suono anestetizzante del torrente.
Se esistesse il mondo delle fate, questo potrebbe esserne l’ingresso.
Sono diretto al laghetto Spigorel. Il dislivello è di novecento metri; due ore necessarie, dicono i cartelli. Col mio passo, fermandomi a fotografare e a dissetarmi, ne impiego tre a salire, due e mezzo a scendere. Il bosco accompagna a lungo, lasciando poco spazio ai prati e al sole. Nell’ultimo tratto, in alto, il saluto di un lontano, imbronciato, innevato Pizzo Coca.
Il laghetto Spigorel mi accoglie quando gli alberi decidono di fermarsi. Sono a quota milleottocento. Non c’è alcun torrente ad alimentare il laghetto. Si forma grazie allo scioglimento delle nevi e alla pioggia che cade di frequente.
Silenzio. Si sente solo, di tanto in tanto, la voce del vento che gioca con le nuvole. Respiro. Faccio il pieno di energia. Il fischio di una marmotta mi saluta quando me ne vado.
“Ai bivi più importanti della nostra vita non c’è segnaletica”. Così trovo scritto su un cartello di legno a un bivio del sentiero.