Aurora è una ragazzina affetta da sindrome di Rett, una malattia genetica dello sviluppo neurologico.
Aurora riesce a camminare ma non parla. Spesso trattiene il respiro così a lungo che quando riprende a respirare perde l’equilibrio, può cadere e farsi male.
Le mani non le usa in modo funzionale, spesso le tiene serrate e le porta alla bocca.
Le bambine Rett sono chiamate le bimbe dagli occhi belli perchè comunicano prevalentemente con la forza dello sguardo. Anche Aurora parla con gli occhi.

L’idea di fotografare una bambina Rett nasce nel 2015 quando un’amica mi parla della malattia.
Ho studiato medicina ma della sindrome di Rett non sapevo nulla. E Aurora ancora non la conoscevo.
L’amica mi mette in contatto con la mamma di una ragazza malata. Scrivo una mail a questa mamma, le parlo del progetto. La risposta non arriva subito, passano settimane. E quando arriva non è quella che avrei voluto ricevere.
Capisco che contattare direttamente le famiglie non è la strada giusta. Per realizzare il mio progetto devo coinvolgere AIRETT, l’associazione italiana che finanzia la ricerca e sostiene le famiglie.
Sul finire del 2016 scrivo una mail ad AIRETT. Presento il progetto. AIRETT mi risponde fornendomi il numero di telefono di Eleonora, la referente dell’associazione per la Lombardia. Eleonora ha due figlie, la più grande ha la sindrome di Rett. Eleonora abita con la sua famiglia a 20 minuti di auto da casa mia.
Chiamo, mi presento, chiedo e ottengo un appuntamento. E’ un giorno di gennaio del 2017.
Le possibilità che questa famiglia mi congedasse in pochi minuti erano molte. Invece, appena entro in casa, la ragazzina malata mi viene incontro. Mi siedo e lei mi si siede sulle gambe.
Occhi profondi. Una folta chioma di capelli corvini. Un sorriso che intenerisce.
E’ Aurora.
Parlo ai genitori del progetto. Mi ascoltano. Li vedo interessati. L’apertura mostrata da Aurora nei miei confronti mi ha aiutato. Torno a casa fiducioso.
Per giorni non sento nessuno. E io non chiamo. Il desiderio di raccontare la storia di Aurora è forte ma sento forte anche il rispetto per i sentimenti di una famiglia provata da una sfida così difficile.
Passano tre mesi. Poi, un giorno di primavera, ricevo un messaggio. E’ di Eleonora: “Siamo pronti!” – dice il messaggio.

Inizio a frequentare la casa di Aurora e a seguirla nelle sue attività ma senza macchina fotografica. Voglio che Aurora si abitui alla mia presenza. La osservo. Prendo appunti.
Arriva l’estate. I primi scatti sono di luglio e li faccio in piscina, anch’io in acqua con Aurora, con la reflex al collo, il più vicino possibile a lei per vedere quello che vedono i suoi occhi.
Decido di fotografarla solo quando sta bene, quando non ha le sue crisi. Non m’interessa mettere il dolore sotto i riflettori ma raccontare le sue emozioni e l’amore che la circonda.
Frequentando Aurora mi si apre un mondo, fatto di persone che vivono la disabilità ogni giorno. E’ un mondo di eroi che merita visibilità.

Aurora fa ogni settimana tante attività (piscina, ippoterapia, musicoterapia, psicomotricità). Sono fondamentali per migliorare la qualità della sua vita, aumentare lo stato vitale, migliorare il tono muscolare, tenere allenate le dita delle mani che le ragazze Rett, come Aurora, continuano in modo stereotipato a portarsi intrecciate alla bocca.
La sindrome di Rett non ha una cura. Si curano i sintomi; le crisi epilettiche, i disturbi respiratori, cardiovascolari e gastrointestinali,  la scoliosi, i disturbi del sonno… ma una cura che faccia guarire non c’è. La speranza sta nella terapia genica. E le varie attività sono per le ragazze Rett un salvavita. Prima viene diagnosticata la malattia, prima s’incominciano queste attività, maggiori sono le possibilità che la ragazza conduca una vita migliore.

Le fotografie scattate ad Aurora in questi anni sono diverse centinaia. Una selezione è diventata una mostra itinerante. Lodi, Cremosano (CR), Osio Sotto (BG), Iseo (BS), Luzzana (BG), Brescia – Museo Nazionale della Fotografia, Bergamo – Sala Manzù. Le tappe fin qui realizzate.
Le mostre sono occasione per far conoscere la malattia, dare visibilità a chi lavora coi disabili e raccogliere fondi per sostenere le famiglie. Le somme in denaro che si stanno raccogliendo sono devolute interamente ad AIRETT.

luglio 2024

CHE COS’E’ LA SINDROME DI RETT ?

La Sindrome di Rett è una malattia genetica dello sviluppo neurologico. Una malattia ‘rara’ che colpisce una bambina ogni 10/15 mila nate.

Le bambine nascono sane. Lo sviluppo prenatale e postnatale è normale, almeno apparentemente.
Tra i 6 e i 18 mesi si ha un rallentamento dello sviluppo psicomotorio con la comparsa di disattenzione verso l’ambiente circostante e verso il gioco.
A questa prima fase della malattia che può durare qualche mese, segue una fase di regressione in alcuni casi improvvisa e rapida, in altri la regressione avviene in modo lento e graduale.
E’ una regressione dello sviluppo con perdita delle capacità acquisite, irritabilità, insonnia, disturbi dell’andatura.
Compaiono manifestazioni di tipo autistico, perdita del linguaggio e dell’uso funzionale delle mani, accompagnata da movimenti stereotipati e comportamenti autolesivi. Spesso le mani vengono serrate, strofinate e portate alla bocca. In questo stadio della malattia compaiono anche anomalie respiratorie. Le apnee e l’iperventilazione sono i disturbi respiratori più frequenti.

Dopo la fase di regressione, lo sviluppo si stabilizza. Diminuiscono gli aspetti di tipo autistico e viene recuperato il contatto emotivo con l’ambiente circostante. La scarsa coordinazione muscolare è accompagnata da frequenti attacchi epilettici. Questa terza fase della malattia può durare mesi o anni.
All’incirca dopo i 10 anni, migliora il contatto emotivo e gli attacchi epilettici sono più controllabili ma la debolezza, l’atrofia, la spasticità e la scoliosi impediscono a molte ragazze di camminare.

Per la sindrome di Rett attualmente non esistono cure ma una diagnosi precoce è importante per attivare quanto prima le misure necessarie ad aiutare le bambine e le loro famiglie. Un team multidisciplinare di dietisti, fisioterapisti, logopedisti, terapisti musicali e terapisti occupazionali è in grado di valorizzare le capacità residue delle bambine. L’approccio farmacologico aiuta a migliorare i disturbi del sonno, le difficoltà respiratorie, le crisi epilettiche e i movimenti stereotipati delle mani.

Le famiglie devono essere accompagnate nel percorso da un sostegno psicologico e sociale.
Si sa pochissimo della prognosi a lungo termine e dell’aspettativa di vita. Gli studi hanno determinato che una bambina Rett ha il 95% di probabilità di vivere fino a 20-25 anni. Tra i 25 e i 40 anni il tasso di sopravvivenza può calare al 69%.
Non ci sono stime attendibili sulla sopravvivenza oltre i 40 anni.

per saperne di più: www.airett.it

Aurora


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