Il santuario della Cornabusa

Continua il mio viaggio alla scoperta dei luoghi e delle storie delle valli bergamasche. Oggi sono in val Imagna, al Santuario della Cornabusa.

È una domenica di marzo. La primavera, addormentata, lascia ancora all’inverno libertà d’infierire. C’è un sole pallido che non scalda.

Parcheggio l’auto a Selino Basso, lungo il torrente Imagna, e da lì inizio a percorrere il “cammino dei petali”, un percorso ad anello che tocca gli abitati di Selino, Cepino e Mazzoleni salendo alla Cornabusa. In poco meno di un’ora sono al santuario. Poche persone giunte in auto; un gruppetto di ciclisti; a piedi son salito solo io.

Il santuario è sempre aperto, ma d’inverno non si tengono funzioni. La grotta è lunga novantasei metri, larga venti, alta nove. Niente colonne, niente marmi. Solo roccia e un sottofondo continuo di acqua che scorre. All’interno della grotta c’è una sorgente; la sua voce litiga col silenzio per tenermi compagnia. “Ascolta e prega”, leggo su un cartello.

La grotta fu utilizzata nel XIV secolo come rifugio per chi scappava dalle scorribande ghibelline in valle Imagna, tradizionalmente guelfa. Una donna anziana vi portò una statuetta in legno della Madonna. Anni dopo, durante un temporale, nella grotta si riparò, col suo gregge, una pastorella sordo-muta. La ragazza ritrovò la statuetta, s’inginocchiò a pregare e riacquisì voce e udito. L’eco del miracolo si diffuse in valle e fece crescere nella gente la devozione a Maria Addolorata. A partire dal Cinquecento, la grotta divenne un santuario.

La statuetta della Madonna Addolorata ha un’altezza di circa cinquanta centimetri. È posta accanto all’altare, nel cuore della grotta, protetta da una bacheca in vetro. Centinaia di candele l’abbracciano. Ci si ferma per pregare, per accendere speranze.

Nel Novecento sono stati eseguiti lavori per il consolidamento del massiccio calcareo sovrastante la grotta ed è stato messo a nuovo il pavimento. L’uomo non ha fatto altro, se non rivestire di sacro un prodigio della natura.

Sul piazzale antistante c’è una statua in bronzo di Papa Giovanni XIII. È qui dall’anno 2000. Realizzata dallo scultore bergamasco Gregorio Cividini, recentemente scomparso, veglia la grotta e la valle sottostante. Angelo Giuseppe Roncalli era solito recarsi in ritiro al Santuario prima dell’elezione al soglio pontificio. La sua famiglia proveniva dalla contrada medioevale di Roncaglia del comune di Corna Imagna, come lui stesso ricorda nel “Il Giornale dell’anima”, il suo diario. Basilica rupestre la chiamava. “Il santuario più bello che esiste, perchè non l’ha fatto la mano dell’uomo, ma Dio stesso”.

 

Sant’Omobono Imagna (BG)
2 marzo 2025